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CURIOSITÀ SULL’IMPORTANZA DEL SACRO FEMMINILE NELLA STORIA DELLE MARCHE

Nel sito ipogeo di Frasassi, nel 2007 è stata scoperta una statuetta della Dea Madre risalente a circa 25.000 anni fa, al paleolitico superiore. Appena 7 cm, scolpita su un frammento di stalattite, oggi è conservata nel museo archeologico di Ancona. La sua scoperta è avvenuta in una grotta particolare, che collega quella del mezzogiorno sul versante opposto.

Per Jung la dea madre era “la magica autorità del femminile, la saggezza e l’elevatezza spirituale che trascende i limiti dell’intelletto; ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l’istinto o l’impulso scorrevole; ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l’abisso il mondo dei morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia, ineluttabile“.  

Questo ritrovamento fa comprendere in parte come i primordiali culti nei confronti della grande madre fossero associati all’energia della madre terra, ma soprattutto legati a luoghi sotterranei, cavità terrestri, con un forte richiamo al grembo materno e a tutto ciò che simboleggia.

La grande madre nelle Marche cambiò nome tante volte: tra i più famosi ricordiamo Cupra, Nerio e Ancaria, ma soprattutto Jana (Diana) che è sempre collegata all’acqua, alla luce lunare, e talvolta riconoscibile in una o tre belle giovani, così quante sono le fasi della vita.

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